
VI RACCONTO UN EMOZIONE – I VUOTI DELL’ANIMA ILLUSTRATI DA ANNA LLENAS
Con l’articolo precedente, ho voluto, a modo mio, parlarvi di tutto ciò che riguarda il mondo degli albi illustrati e perché secondo il mio parere sono uno strumento valido per poter insegnare qualcosa ai più piccini, ma anche ai grandi. Quello di oggi, vuole essere un approfondimento, su un libro che mi ha davvero lasciato qualcosa grazie al suo stile grafico. Che richiama molto l’utilizzo del colore, dello sfondo bianco, e del “riciclo del cartone”. Il libro in questione è il Buco di Ann Llenas.

Un libro davvero ricco di colori, testi e immagini coloratissime ed originali che hanno una grande potenza simbolica ma anche psicologica e d’impatto sul lettore. Potenti sono anche i colori di queste pagine. Una storia che ci avvolge nella sua resilienza, affrontando un tema importante come quello dolore (che snoccioleremo pian piano attraverso un viaggio illustrato e scritto, grazie a questa illustratrice e a molti altri) In questo albo poi è davvero possibile ritrovare l’essenza primaria di due discipline che mi stanno davvero molto a cuore essendo educatrice di due discipline: la pedagogia e la psicologia nello sviluppo del bambino (ma anche dei grandi).
Perché vi parlo di questo albo illustrato?
La motivazione di per sé può sembrare banale, ma spesso ci dimentichiamo che si può e non si può provare emozioni. O meglio, c’è una differenza sottilissima tra il non provare nulla e provare qualcosa che sta in quel “vuoto”, in quel buco dell’anima. Ma la prima cosa che vi chiedo di fare è quella di ragionare su quel “non provare nulla” che ci fa sentire “mancanti di un pezzo” ed è proprio con questo approccio che vorrei sfogliaste quest’albo. O che vi addentraste in questo articolo.
Giulia ed il suo buco
Giulia all’inizio di questo albo, è una bambina normale, una bambina allegra che salta, gioca si diverte e soprattutto vive ma poi, tutto ad un tratto, non si sa cosa accade si ritrova con un buco enorme da colmare. Un buco proprio lì, nella pancia, un buco che non ha un perché specificato, e che può essere stato provocato da tantissime cose. E già in quel preciso istante, il lettore, grande o piccino, si ritrova in Giulia, in quanto la maggior parte di noi, chi piu’ chi meno, ha quel buco che non si sa’ tanto perché c’è. oppure si sa, ma che è lì, e allora che si fa? Da quel buco, ci passa il gelo, ci escono mostri, e man mano che si va avanti diventa sempre più grande!… Beh, per chiuderlo Giulia le inventa un po’ tutte!
Prova con dei “tappi”, ma non sa bene di che misura utilizzarli: ce ne sono di “buoni”, di cattivi, colorati. Tappi che somigliano ad oggetti, persone, tappi che sembrano non assomigliare niente, altri un po’ scadenti, altri che sanno addirittura di dolce e Giulia mangia, mangia tantissimo, ma quel vuoto non si rimargina mai… Insomma Giulia cerca, cerca qualcosa, qualcuno, ma il suo tappo giusto, sembra proprio non esistere. E allora si arrabbia, si dispera, si impegna, piange, ride, fa di tutto, cerca di colmare, ma niente, non serve a nulla…. Ed è in quella situazione che “ritrova qualcosa di veramente importante. Il silenzio dello “stare” e basta. E in un certo senso, questo silenzio, in un modo o nell’altro “riempie” anche con una certa “disperazione” la voragine della piccola Giulia.
Giulia, in questo silenzio, riesce a ritrovare uno spazio per se stessa, per quella sua voce interiore che le ricorda che tutto quello che le serve sta non fuori, non all’esterno ma dentro di sé. E Giulia, piano piano si rialza e comprende, che anche il vuoto, va ascoltato, accarezzato, compreso, addirittura condiviso. Perché sì, anche se non ne siamo così certi, i vuoti, le mancanze le hanno tutti, e a quelle mancanze, non ci si può far nulla, se non provare a raccontarle, nel silenzio tacito dell’animo. Insomma, quei cumuli di cose al di fuori di noi, che spesso ci attorniano pur di non pensare a quanto male ci fa quel “buco nello stomaco” si rivelano spesso inutili, perché con i vuoti, in qualche modo, bisogna anche imparare a conviverci. A sentirli. Dal buco, escono cose, colori, parole, che possiamo riversare su una tela, attraverso un pennello, su un semplice foglio di carta, su un diario.
Cosa ci insegna questo albo?
Il Buco è un albo, che non vuole insegnarci nulla, bensì ci aiuta ad ascoltarci, ad ascoltare quel silenzio del quale spesso abbiamo paura. Quei momenti che apparentemente sembrano tempi “morti” tempi “difficili” ma che alla fine, si rivelano più preziosi di un tempo impegnato a sottolineare una vita fatta di troppo “fuori”. Quel fuori che spesso ci annienta. Che spesso, ci manda fuori strada. Il Buco ci insegna che il dolore, non lo si deve per forza capire, però è necessario ascoltarlo. È importante farlo uscire, proprio da dove sembra non esserci assolutamente nulla.
Nelle ultime pagine, capiamo che certi “buchi” non si rimarginano ma con il tempo, possono fare meno male e farci sentire che in quel apparente “nulla” c’è davvero molto più di quanto immaginiamo.

Psicologia e Pedagogia. – Formare alle emozioni
In sintesi in questo albo come già detto all’inizio ritroviamo le basi per la crescita personale di un individuo. Ovvero qualcosa che a che fare con il mondo della formazione ovvero l’esperienza di un dolore, di un vuoto di qualsiasi natura sia. Giulia si guarda dentro e guarda anche fuori. Il buco, lo attraversa proprio in ogni modo possibile e pian piano, impara a conviverci e a comprenderne il significato per trarne nuove possibilità. Ed è proprio in questo “cercare di capire” che troviamo la psicologia, una scienza che studia i processi psichici, coscienti e inconsci, cognitivi che portano le persone a dare un senso anche all’insensato, al complesso.
In un bel giorno però, una vocina le suggerisce di guardare dentro se stessa, per trovare delle risposte, così facendo Giulia si accorge di avere sempre avuto in sé e con sé un universo di colori pieno di sorprese, di emozioni, e che questo mondo che non sapeva di possedere, o aveva dimenticato la può avvicinare nuovamente agli altri, anche loro con un buco nella pancia. Perché tutti, ricordiamocelo, hanno un dolore alle spalle, e anche chi sta fuori di noi ha bisogno di condividerlo questo malessere. Giulia torna a guardarsi dentro e si accorge, in qualche modo, anche del mondo fuori. Questo trarsi fuori di sé, guardandosi dentro racchiude la vera sintesi della pedagogia: il significato di educare è proprio quello condurre, portare la persona a guardarsi dentro, a comprendere se stessa, i propri obiettivi e le proprie potenzialità, per riuscire a fronteggiare le incertezze e le difficoltà del vivere quotidiano ed il confronto con chi vive nel nostro collettivo.
Un albo che ci porta davvero tanti spunti interessanti, a livello umano, ma anche grafico e pittorico. Un albo che consiglio a chiunque è alla ricerca di qualcosa, e che forse ha bisogno solo di guardarsi dentro