Alessia Viviani, nasce prematura in una fredda giornata del 1988, esattamente il ventuno gennaio un mese dopo il solstizio d’inverno a Crema, una ridente cittadina di provincia. Nasce in provincia di Cremona, ma dentro le scorre sangue bergamasco. Bergamasco basso, per l’appunto. Frequenta l’asilo, la scuola primaria, quella secondaria (dove conosce la cattiveria delle persone). E le mura dei cimiteri mano nella mano con i suoi nonni, ogni domenica. E poi il Liceo Socio Psicopedagogico. Non studia per imparare, studia perché c’è qualcosa dentro di lei, che le sussurra continuamente che ciò che viene letto e scritto, in qualche modo viene anche appreso e ricordato, attraverso una semplice congettura tra emozione e ragione. Nel 2007 inizia il suo percorso di formazione attraverso l’esperienza come educatrice (prima nei nidi e poi in tutte le altre scuole). Il contatto con certe realtà difficili, le fanno capire che il mondo dietro all’emozione del vivere e dell’imparare è molto piu vasto del semplice acquisire delle nozioni. Subisce un abbandono (chiamiamolo così) prematuro nel 2012 e lì la vita non sembra piu quella di prima. È stata una continua ricerca, la sua. Colmare i vuoti. Tornando fra quelle mura di silenzio che tanto le piacevano da bambina. Fino a che nel settembre 2014, quel vuoto impara ad accettarlo. O almeno ci prova. L’amore le piomba addosso nel 2015, prima davanti ad una panchina in stazione e successivamente sotto le luci di un concerto. E sempre sotto le luci di un concerto, ed un palloncino che sapeva di promessa, decide che è ora e tempo di raccontarla un po’ a tutti quella vita qui. Nasce cosi il suo primo romanzo: “Appunti di un agenda scritta in stazione”. Una raccolta di favole, storie, appunti diaristici e lettere, dentro le quali, cultura e emozione, formazione e vita si sono incontrate, fruttando proprio un bel lavoro. Introspettivo (e pure bello da leggere). Nel 2020, le lacrime sono scese, di nuovo. Un po’ come a tutti. E la voglia di scrivere e fare qualcosa per quel sentire piu profondo, dei bambini ma anche del suo, decide di buttarsi in una sventagliata di progetti, in divenire. Il primo, un nuovo libro, una nuova storia: “All’alba di un quarto di luna”. Tutto da scrivere, con un forte componente di lacrime silenziose, il secondo la storia di Celeste e Nonno Mario, in un racconto illustrato che sa di vita, laddove la vita sembra non esserci, (con la preziosa collaborazione di Monica Petronzi e di Lisa Martignetti) ed il terzo: un progetto sulla letteratura emotiva dove aiutare grandi e piccini, a ritrovarsi tra le parole che per me, sono anche casa. Abbraccio. Lacrime e gocce di rugiada. E poi da qualche anno recensisco, o meglio vivo e racconto a modo mio i libri che leggo e di cui mi innamoro, sul mio blog: “Il Libroletto, favole già scritte”

Scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi. Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.

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Per i più curiosi potete trovare una piccola parte dei suoi pensieri raccolti nel libro Appunti di un’agenda scritta in stazione: io scrivo, tu resta disponibile in formato cartaceo, oppure scaricabile gratuitamente in formato kindle