La nebbia in molte delle sue forme
NEBULOSA IN PAGINA – La nebbia in letteratura vola fuori dalle pagine è articolo a due voci, più uno scambio di idee condiviso con chiunque voglia leggere. Troverete Alessia nel font regolare e me (Moony) in quello corsivo: buona lettura!
La nebbia. Un elemento davvero interessante da analizzare sotto tantissimi punti di vista. Ed è quello che abbiamo fatto io e Monica in questo spazio. Ne abbiamo parlato, in una diretta e ci siamo ritrovate, (nonostante nella nebbia, ci si perda). Ecco, noi, nella nebbia, ci siamo ritrovate. Anche perché, chi vive nella nebbia, qualcosa di questa coltre che fa così tanta paura ai più, impara a comprendere.
Ed è qui che ci si ritrova senza paura perché spesso ci si sente prima di vedersi, avvicinando così le anime prima dell’idea dell’altro.
Perché abbiamo scelto la nebbia come tema principale di questo percorso? Perché essa ti sorprende. Può arrivare a qualsiasi ora del giorno. O della notte, ma in realtà, poco importa quale orario sia, se è già buio o meno, la nebbia è lì. E non ti permette di vedere, oppure, come invece voglio fermamente pensare ti stimola a guardare oltre. La sua imprevedibilità cambia le regole del gioco e rivela la fragilità umana oggi meno che per le generazioni precedenti ma inevitabilmente trovarsi davanti alla nebbia ci ricorda la nostra irrisoria grandezza. Il suo non è il classico buio, si tratta del buio dello specchio di quando ci si alza in piena notte.
Il nostro guardare oltre si basa, in tutto e per tutto sui libri ed il resto del tutto sta nell’ascolto di quella voce che ci portiamo dentro e che tiene per mano il nostro fanciullo eterno. E quindi mi sono andata a cercare quei poeti e quegli scrittori che hanno intravisto nella nebbia quello che poi, un po’ tutti dovremmo vederci: un’opportunità, una magia, un incanto. Quello che ho trovato, ripescando anche nei meandri della mia mente di studentessa liceale, è stato il fatto che è un tema che nella letteratura italiana si rivela essere più che conosciuto. Lo ritroviamo in Manzoni, Pascoli, Umberto Eco. Ognuno di loro ha preso in esame questo elemento atmosferico e l’ha guardato sotto un altro punto di vista, non fermandosi alla frase: “Oddio che paura!”. Attraverso questo lavoro di parole e flussi di coscienza porta il lettore ad una vera e proprio discesa nella propria intimità.
Cervi e la fabbrica della nebbia
Ma non solo, ci sono tanti autori, anche contemporanei che guardano questo fenomeno (che fa anche tanta paura) in modo completamente diverso. Uno di questi è Gino Cervi che nel suo libro: La fabbrica della Nebbia. Piccolo viaggio sentimentale dentro ciò che cancella e svela scrive questo:
“Quando arriva la nebbia, la prima nebbia di stagione, voglio prendermi il tempo di salutarla come si deve e allora da Pavia per andare a Milano non prendo l’autostrada ma imbocco la Vigentina”
Ecco questo sentimento è il sentimento che chi vive soprattutto a Nord sente. Almeno per una parte di queste persone “si la nebbia fa paura” ma quando arriva fa sempre un certo effetto. Un effetto che a tratti inquieta e che a tratti senti di abbracciare e salutare. Questo autore sa, come molti di noi, che il significato vero di qualcosa, non è mai solo uno. Egli inoltre fa una distinzione netta tra la Nebbia di città (che ha sempre il suo fascino, eh!) e la nebbia dei campi, delle colline, del mondo contadino considerandola quella vera! La nebbia che si rincorre nei fossi, nella pianura, nelle piccole sorgenti d’acqua e torrenti tra i boschi. Là dove le schiene dei monti scompaiono inghiottite, là dove non si vede (o non si vedeva) niente, là, che per il tragitto per andare a scuola, si faceva a due allora, in macchina, per due o tre pericolosissimi chilometri nell’oscuro e nel silenzio mattutino. Quello che fa Cervi è raccontarci anche l’altra faccia della nebbia, quella che troviamo nelle grandi città. Io stessa, visto che a Milano lascio spesso il cuore, trovo il capoluogo meneghino pieno di significato, soprattutto nelle sere novembrine d’inizio Natale. Tralasciando lo sforzo delle luci in piazza, quello che a me attira è quel buio che ti accompagna lasciandoti le goccioline sul naso, mentre attraversi le luci di San Siro, o fai una passeggiata sui Navigli. Milano è anche questo, è il silenzio che ti avvolge, quando le persone dormono e tu ti culli nel suo freddo, nel suo velo da sposa, che t’inganna per bene ma che poi sa sempre come scusarsi.
Ma la Nebbia di Cervi, non è solo la nebbia di Milano, é la Nebbia di Belgrado, Londra, Pavia… È la nebbia che ti porti dentro, è che in tanti non capiscono. E che in pochi ascoltano.
Pascoli
Un poeta di quelli che si studiano e che a volte sembrano noiosi al punto da non volerne più sentirne parlare ed invece, accade che di quei poeti ci si innamora, proprio per il crepuscolo che hanno dentro. Quella luce che dà importanza anche al loro buio. Pascoli, è uno di quelli. La poesia che ha come sfondo il tema della nebbia s’intitola proprio Nebbia ed è inserita nei Canti di Castelvecchio (si chiamano così perché sono dedicati alla casa nella quale Giovanni Pascoli passerà gli ultimi anni della sua vita insieme alla sorella Maria, chiamata dolcemente Mariù) E già questo vi dovrebbe far balzare agli occhi il fatto che sono poesia che hanno nei loro versi un grande eco di nostalgia e malinconia, ma anche di grande tenerezza. Verso i luoghi, verso le situazioni e verso ciò che caratterizza quei posti.
Direi che in nebbia è come se Pascoli stesse chiamando a sé il lato materno della nebbia per poter vivere il resto della vita lontano dal peso dell’umanità. se ci si sofferma il tempo dovuto a leggere la parte in cui chiede di poter vedere solo gli alberi da frutta si può quasi sentire il profumo di una crostata appena sfornata. Una volta maturo torna a voler riabbracciare solo quelle cose davvero utili come gli affetti dell’infanzia.
In realtà la nebbia, è presente anche in altre poesie, e quello che sicuramente alimenta il pensiero pascolano è questa non chiarezza nella nostra vita. Questo non vedere, non essere del tutto sicuri che quello che ci accade, o quello che vediamo sia oggettivamente quello che è. Ma per quale motivo? Per il motivo che ognuno di noi, ha un vissuto e una storia diversa, e questa implica, delle visioni spesso “non reali” “non oggettive” ma punti di vista. Nonostante questo, quello che fa Giovanni Pascoli è far intendere che tutto questo, non è sbagliato, ma è semplicemente quello che siamo. In Nebbia le descrizioni non sono semplici caratteristiche oggettive, ma si ripercuotono nello stato d’animo dell’autore e se la sensibilità del lettore è alta, anche in chi si appresta a leggerle.
Umberto Eco
“La nebbia ti realizza questo sogno impossibile. Ti concede una felicità amniotica. Hai la sensazione che forse un giorno uscirai dalla vagina e dovrai affrontare il mondo, ma per il momento sei salvo. E siccome la nascita è l’ inizio del percorso che ti porterà inesorabilmente alla morte, la nebbia è la garanzia (ahimé virtuale) che alla morte forse non perverrai. Basterebbe fermarsi lì. Ma proprio perché non sai dove sei, nella nebbia tendi a muoverti per uscirne (che è stolida follia e folle stolidità). Chi ha ventura di starci, vuole venirne fuori. Per questo tutti gli uomini sono mortali.”
Lo ammetto Eco è uno di quei pilastri che manca nella mia selezione di libri per la vita, perché in questo tempo di vita non ho ancora avuto il piacere di leggerlo. Mi rifarò, lo prometto! Però documentarsi non fa mai male, ed ecco qua, che ho trovato un altro grande scrittore amante della nebbia.
Posso dire che mi accompagna dall’infanzia e che credo che la nebbia sia stato uno dei punti d’incontro con Eco, la sua nebbia è la stessa nebbia che respiro, metaforicamente parlando, poiché Alessandria sta proprio qui vicino. Così le suggestioni che lui ha scritto hanno arricchito il fantastico che le persone delle Langhe sanno portare silenziosamente nel cuore. Grande amatore del folclore popolare e della tradizione, curioso e in qualche modo un po’ strega come tanti qui al nord.
Una nebbia che ti protegge dal mondo, che ricalca fortemente il senso di “evitare che qualcuno veda quello che solo tu hai il diritto di vedere.” Ne ho parlato spesso, e credo che sia un tema fondamentale da dedicare anche alle scuole, nell’ora di educazione civica. Dove il mondo si può fermare? E al massimo gli si può concedere un’ombra?
O forse basterebbe tornare a vivere la filosofia nella vita sin da quando si è piccoli. Non dovrebbero tutti avere l’opportunità di ragionare con loro stessi senza averne così paura? Perché quando lasci il mondo esterno fuori uno più grande si dispiega ai piedi di chi accosta qualche ora al giorno la porta del mondo condiviso.
Nebbia come Nulla
Un altro libro che tocca l’interno e l’emotività di quelli come me è La storia infinita di Ende, che ci propone la visione della nebbia come “mancanza di qualcosa”. Nel libro si traduce, nel malessere di una cittadina fantastica: Fantàsia e dell’infanta imperatrice proprio di quel luogo magico. Quando i bambini iniziano a dimenticare la bellezza del sognare, dell’essere appunto bambino la nebbia, inghiotte Fantàsia. L’autore attraversa proprio quel nulla che fa anche parte di noi. Basterebbe secondo voi, riempire quel nulla? O da una parte bisogna imparare ad accettarlo?
Con La Storia Infinita Ende porta a riflettere sul concetto di equilibrio, infatti il Nulla inghiotte Fantàsia a causa dell’eccessiva razionalità, la stessa che si trova in Morla (la tartaruga secolare) che trova sterile la longevità poiché nel vivere a lungo vede solo l’inutile battaglia tra bene e male destinata a vivere l’equilibrio delle parti. Ma l’equilibrio è presente anche nelle due nebbie presenti nel libro. La nebbia di Bastiano, che per raggiungere il suo ideale di perfezione abusa del Laurin. Questa parte credo che sia una delle nebbia che accomuna un po’ tutti nel periodo dell’adolescenza. Quanto di noi si lascia andare? Quante parti del nostro essere che faticosamente abbiamo costruito lasciamo andare per piacere o cercare di piacerci? Abbandonare i propri ricordi per tentare di radicare nuovi affetti lasciando così le nostre radici scoperte e rendendoci vulnerabili.
La Nebbia Cognitiva
La seconda nebbia, il famoso nulla della storia di Ende tocca un tema nuovo che quando l’autore pubblica la Storia infinita, ovvero il 1979, è di grande interesse, si tratta di quella che in psicologia oggi è nota come nebbia cognitiva. I sintomi sono proprio quelli che l’imperatrice palesa prima di ricevere il nuovo nome da Bastiano: annebbiamento della coscienza, stanchezza, spossatezza, mancanza di interessi e perdita del focus. Oggi sappiamo che è essa stessa un sintomo che può essere legato a stress, mancanza di sonno e molto altro. Ne La Storia infinita, come dicevi prima, è il sintomo della mancanza di immaginazione e di meraviglia nel mondo.
Un libro per gli amanti della Nebbia
Ma sono molti i testi e gli autori che hanno una visione davvero intima e maestosa della nebbia, e di come la nebbia sgorghi nella vita interiore di ognuno di noi. Ce ne parlava Dickens, Calvino e dovete sapere che il caro Umberto, ha lasciato a noi una collezione di racconti intitolati “Nebbia” che ci parla di di lei in tutte le salse come quella di scrittori novecenteschi come Savinio, Bianciardi, e molti altri. Ci fa approdare nella bella Torino di Pavese e Calvino, le città piemontesi e quelle padane; la San Pietroburgo russa, dove a parlarne saranno Gogol a Nekrasov a Belyj, passando per le grandi città scandinave.
La nebbia racconta
La Nebbia raccontata
Rimaniamo in Piemonte ancora un po’? Qui dove la nebbia è di casa tanto quanto le streghe, mi permetto di raccontare di una masca famosissima, così famosa dall’essere passata dai volatili racconti davanti al focolare e nei fienili alla carta stampata. Si tratta di Nebbiàssa, la Masca che ha per generazioni e generazioni, ha dato un volto alla nebbia nelle langhe. Nebbiàssa aspettava lo stolto che si incamminava nella nebbia con il cappio stretto tra le mani per porre fine alla sua vita. Questo personaggio, che pare tanto terrificante, ha in realtà salvato tante persone che la credevano reale e che per questo cercavano di non andare per boschi da soli durante le giornate di nebbia. Quando leggo di lei sorrido sempre perché questa allegoria della nebbia porta in seno la somma di quello che sono e che sono state le masche piemontesi: grandi guaritrici e custodi dei villaggi per molti, terribili streghe per chi non voleva conoscerle o trovare un facile colpevole dietro il quale nascondere le tristi verità della vita.
Chiudiamo questo articolo con il dualismo che merita e con due immagini. Ognuno si lascia meravigliare da qualcosa di diverso e la stessa cosa vale per noi! giusto Ale?
Houses of Parliament – Monet
E parlando di Nebbia ed illustrazioni, un dipinto che incanta e meraviglia lo spettatore è sicuramente quello di Monet che rappresenta la Nebbia attorno al Parlamento di Londra. Il pittore impressionista, ha steso una matrice colorata che ricopre l’intera veduta del cielo, edifici e superficie del famoso fiume Tamigi. Si colgono, infatti, i colori caldi prodotti dal sole basso all’orizzonte, il giallo, il rosso e l’arancione della luce solare che si riflette sull’acqua. E più in su, si vanno a sfumare perdendosi in colori più freddi. Fra l’altro ce ne sono un sacco di versioni con diverse tipologie di Nebbie.
La nebbia è un evento atmosferico, che se utilizzato nella maniera giusta, rivela l’animo dei personaggi dei libri, ma anche l’animo dei luoghi in cui si sviluppa una storia, vera o inventata che sia.
Il Viandante nella Nebbia
Se penso alla nebbia subito la mente vola sulle vette del paesaggio della Boemia per approdare nel dipinto di Caspar David Friedrich Il viandante sul mare di nebbia. In questa tela del 1818 ci sono tanti spunti cari agli esploratori della nebbia e dell’ignoto inteso come qualcosa che ancora non si conosce. Ci sono: stasi, contemplazione e la distesa di un paesaggio infinito dove l’osservatore sa di essere arrivato solo per andare oltre. Quella vetta non è che un punto di partenza più alto, la vertigine del mostruoso sublime.
L’uomo nella nebbia vede e non vede mentre il viandante di Caspar, nella sua veste verde, domina la nebbia dall’alto per stabilire il punto da raggiungere prima di perdersi in quel mare con coscienza e consapevolezza.