
La Perla del Dolore
Ho creato questa variante della favola tradizionale “La perla del dolore” per mostrare l’importanza di un sentimento che spesso si tende a reprimere e, quando comunque si manifesta, viene velocemente convertito in rabbia. Ora, per mettere in ordine i pezzi del nostro orologio è importante compiere i passi in questo bosco consapevoli del dolore. Ascoltarlo, dargli il tempo che gli serve per essere vissuto perché è attraverso il tempo che gli dedichiamo che possiamo andare oltre e avere le armi per superare ciò che ha dato vita al dolore.
Insegnamenti
Nella favola di Andersen la perla viene portata al neonato prima che possa vivere una vita senza dolore, nella mia versione troviamo una gemella che racconta come sua sorella non abbia ricevuto la sua perla per sbaglio. Ho scelto questa via per poter vivere, attraverso la storia, l’esperienza di una vita priva della capacità di provare dolore.
Gli esseri umani passano la vita nel tentativo di provare piacere o comunque benessere, questo perché conoscono anche il dolore e la tristezza, ma se dolore e tristezza vengono a mancare e non si può provare dolore nemmeno davanti alle cose che necessitano la manifestazione di questo sentimento, ecco che anche la gioia smette di avere senso.
La perla
La perla è una moltitudine di leggende nella favola, infatti si può trovare un gran numero di piccoli aneddoti che raccontano la creazione divina della perla ed è grazie a questo che nel corso del tempo ha acquisito una forte connotazione simbolica e magica. In tutte però emergono alcune caratteristiche comuni, la perla è sicuramente legata all’elemento acqua, alla donna e alla forza creatrice. Tra le tante virtù attribuite alla perla ve n’è una che bene si sposa con la favola: si pensava che essa fosse in grado di mitigare l’ira.
Ma la perla simboleggia anche l’amore nella sua forma più pura, quel tipo di amore simile a quello che la nostra fata prova nei confronti del creato e che la porta a generare perle dal suo pianto ogni volta che una vita si spegne.
Morale
Non posso sapere con esattezza quante domande abbia suscitato questa breve fiaba, posso però scrivere cosa spero di aver portato. Quel che mi premeva era riuscire a dire, in qualche modo, che saper provare dolore non è segno di debolezza ma di forza. Saper fare il passo successivo all’accettazione del dolore e agire come la nonna della storia che porta con sé un grande dolore ma non vi si abbandona nostalgicamente. Al contrario, compie lo sforzo di condividere la sua perdita in modo che possa essere un punto di forza per il futuro di altri e questo è un gesto d’amore e di altruismo che trasforma la nonna stessa in una perla preziosa per chi le sta accanto. In parole povere: non serve aver paura di provare dolore, è il non provarne che dovrebbe spaventare.