
Scusate la Polvere
Premessa
Ho deciso di scrivere questo articolo per introdurvi in un mondo che a me, sin da quando ero bambina, piace tantissimo. Un mondo fatto di ricordi, lacrime, vite vissute, vite passate, date, fiori e arte. Arte che ci consente di guardare oltre, sotto lo stesso cielo che vediamo fuori da quel cancello a costo zero. Se non avete ancora capito, voglio parlarvi della bellezza monumentale, culturale e letteraria dei cimiteri. E voglio iniziare questo percorso qui, perchè oltre ad essere molto legata all’arte del luogo, ci sono molto legata per un fattore emotivo. Un fattore emotivo che mi riporta a lunghe passeggiate con Nonno Mario, proprio dentro questi Musei a cielo aperto. E da dove voglio partire? Ma ovviamente da un libro! Visto che mi faccio chiamare “ragazza delle biblioteche” per un motivo preciso.
Un libro che sento di dovervi raccontare perché nasconde quell’animo ironico che aveva anche mio nonno, davanti ad una tomba. Il libro in questione è “Scusate la polvere” di Paolo Patui, edito da Bottega Editore.
Perché l’ho scelto?
Volevo delle pagine che alleggerissero, qualcosa che per me (e per tutti quelli come me) è veramente bello, profondo e sì: anche leggero. Quando mi sono trovata tra le mani questo titolo, mi sono detta: “Forse è lui”. È lui quel libro che ha il sapore di qualcosa che ancora non è molto compreso dalla superficialità delle persone. O meglio, dalla poca conoscenza e dalla poca voglia di scoprire la bellezza della vita, anche nella sua realtà più complicata: quella della sua stessa fine, comunemente chiamata morte
La trama
Guidato dalla sapienza e dalla voglia di parlare e raccontare di un custode che “tutto sa” assillato da un amico runner con l’ossessione per circumnavigare i campisanti, e stuzzicato dalla gotica sapienza di una studentessa dark con la passione per l’arte funeraria, il nostro narratore si trova condensato in un mondo ricco di sorprese. Storie, a volte leggere, altre tristi, altre famose, altre di difficile comprensione.
Paolo Patui ha questa caratteristica qui: ravviva storie sepolte, scopre necropoli insolite, entra nella penombra misteriosa del cimitero dei “senza nome” immerso in una foresta berlinese, si trasferisce nel Fairview Cemetery che accoglie i naufraghi del Titanic o nell’abbandono totale del cimitero di San Finocchi a Volterra, dove sono sepolti i matti dell’ex manicomio della città. Tutto ha inizio, proprio con la fuga dell’amico runner nel cimitero di San Vito ad Udine, dove grazie al custode che tutto sa, inizia a scoprire le parti più vivide di storie passate.
Recensione
“Quando devi lasciare una persona troppo presto, o fai finta di niente o cerchi di capire dove sia finita. E l’unica certezza che hai è che sia finita in una tomba. E allora provi a capirla la tomba”
Inizio da questa citazione perché voglio dirvi che se scelgo determinate letture è perché sento che dentro quelle parole esiste qualcosa che mi può capire. Credo sia capitato a tutti di perdere qualcuno. Ritrovarsi a fare i conti con l’assenza: con il non esserci più. Spiegazioni? A volte ci sono altre no. E allora, le spiegazioni le lasci da parte, e tiene bene a mente quello che è stato e soprattutto quello che resta. La tomba, già quella tomba che in un certo senso, non ha nulla di cielo o paradiso eppure è lì. Tangibile. E colma di cosa da dire. Bisogna solo provare a sentirle. O meglio: ascoltarle.
“E già questo è un piccolo miracolo. Perché noi tutti non vogliamo che la morte sottolinei l’assenza, semmai la vita”
Un libro che traspare di un percorso che pare buio, oscuro, terribile, ostico e tenebroso e che si apre invece a un abbraccio. Un Abbraccio infinito, fraterno e universale con le vite perdute, i sorrisi dimenticati, le speranze realizzate e sminuzzate dal grande mistero dell’esistenza.
Pagine dove si viaggia alla scoperta delle storie di chi è sepolto nei più famosi cimiteri del mondo come nei più piccoli, ma sempre meravigliosi, camposanti di provincia.
Un libro che racconta la vita, in un luogo dove per molti la vita appare semplicemente un pugno di polvere ed invece, con molta ironia, l’autore già dal titolo che richiama la citazione di Dorothy Parker sembra quasi voler ironizzare su quella che poi sarà la protagonista reale delle sue parole. Polvere? Morti? Corpi sepolti? Nulla di tutto questo, la morte in questo libro, non viene esorcizzata. Viene accolta, in un primo tempo con diffidenza, fino a quando poi viene quasi naturale sentirsela quasi amica. Ritrovarla un po’ ovunque. Quando fa male, quando fa bene, quando semplicemente c’è. E lì.
“La vita non muore mai, viene affidata a chi resta”.
È una frase che mi è rimasta davvero nella testa. È una frase che è necessario ricordare. Viene letta e scritta in modo sciolto, quasi naturale. Chi ci è passato di fianco ed entrata nella porta dell’aldilà ha lasciato qualcosa. Qualcosa che si sente, che è con noi, anche se questa persona fisicamente non è più con noi. Quella cosa lì, è quella cosa lì che resta: la vita.
“Adesso pare siano i cimiteri ad inseguire me, soprattutto i Monumentali”
Un’altra frase che mi ha fortemente colpita, è stata questa. Le mie esperienze nei grandi cimiteri o nei più conosciuti sono davvero poche. Però da quando ero bambina, ho sempre avuto un grande interesse genuino verso quelli più piccoli. Spinta anche da nonno Mario. In questi scoprii la bellezza della semplicità, e soprattutto, la bellezza delle storie che conosci o che impari a conoscere.
Ma devo dire che i Monumentali, sono parte dell’immenso patrimonio artistico che voglio conoscere e vivere. Il primo, primissimo è stato quello di Milano, lì mi sono davvero innamorata della contemplazione artistica e della grandezza che viene data alla vita. E non solo.
“L’ho vista cercare fra le tombe e curiosare nella vita degli altri”
“Ma se sono tutti morti!”
“Ne è proprio certo?”