IL RICCIO NELLA NEBBIA – guardare oltre le stelle
Ho letto questo albo e mi sono detta: “Deve essere questo la partenza di tutto!” un po’ come Dante quando si trova nella selva oscura e non capisce bene che fare. Quando ho immaginato e steso il mio percorso per la Biblioterapia, che spero di portare a piccoli passi fuori da questi schermi, ho trovato tanto, sul -dopo i libri- ma poco sul –prima dei libri-. E me ne sono accorta ora, dopo aver riletto per l’ennesima volta il Riccio nella nebbia e averne pure guardato il cortometraggio che potete guardare qui con me.
Ma veniamo al dunque… perché parlarvi di questo Riccio nella Nebbia, fino a stressarvi? Semplicemente perché è proprio da qui che si dovrebbe partire con un percorso mirato a scoprirsi in profondità attraverso i libri. Perché fuori c’ è qualcosa che ci impedisce di vedere oltre, ma ci permette di “stare dove stiamo” (scusate il gioco di parole) e decidere che fare. Questo è il primo motivo. In secondo luogo perché questo albo, racchiude, tutto ciò che si nasconde nella coltre nebbiosa, portandoci ad averne anche un po’ paura. Ad avere terrore di ritrovarsi da soli nella nebbia, ma quale nebbia? Quella sulla strada di casa o quella sulla nostra strada?
MA ANDIAMO PER ORDINE:
L’albo illustrato “Il riccio nella nebbia” si rifà al cortometraggio di Jurij Norštejn, e Sergej Kozlov ed illustrato da Francesca Yarbusov. È stato successivamente tradotto nel 2019 da Livia Signorini in italiano. L’albo illustratomi è capitato tra le mani grazie a continue ricerche sul tema della lettura emotiva per l’infanzia. Oltre ad essere stata rapita dalla bellezza delle illustrazioni la storia narrata in questo albo aveva un non so che di magico, magia data dalla semplicità degli elementi e dei personaggi che permettevano di farmi soffermare sui concetti più che sulle figure. Questo mi ha spinta a reperire altre informazioni ed ho scoperto così che il cortometraggio è datato 1977 ma la storia è nata nel 1975. Tutti numeri per me importanti e forse anche questo motivo mi ha spinta a scrivere quanto segue.
LA TRAMA
“Come ogni sera Riccio, col suo barattolo di marmellata, attraversa il bosco per andare da Orso a bere una tazza di tè e contare le stelle. Ma, pedinato da una civetta ululante e un tantino suonata, finisce per perdersi nella nebbia – un sogno di ombre, acque e creature misteriose. Non era in fondo quello che voleva?”
LE ILLUSTRAZIONI
“I fondali pittorici che fanno da scenario agli animali ritagliati di Yuri Norstein ci conducono in una favola filosofica sul riccio che perde la strada nella nebbia e che, anche dopo essersi salvato, continuerà a rimpiangere il mistero perduto, simbolo di un desiderio inespresso di libertà”
Ho trovato nelle mie ricerche un saggio di Giannalberto Bendazzi, dove veniva utilizzata questa espressione. Il Riccio, ha davvero perso la strada per colpa della nebbia o perché nella nebbia ci doveva passare per forza? Mi sono fatta questa domanda tante volte, anche approcciando direttamente alle mie di esperienze. La Nebbia, arriva, come nella nostra vita possono arrivare i dolori improvvisi ai quali non siamo affatto preparati. Oppure possiamo addentrarci in qualcosa che fa paura, ma che conosciamo già, e proviamo ad affrontarlo. Quello che ne consegue è il coraggio di ciascuno di noi in entrambi i casi. Ecco che quando ce la facciamo abbiamo comunque un senso di “rimpianto” verso quello che abbiamo fatto per arrivarci. Chi abbiamo incontrato, cosa ci è sembrato di vedere, cosa abbiamo scoperto di noi.
MA CHI SI NASCONDE NELLA NEBBIA?
La nebbia è un buonissimo strumento anche per suggerire l’elemento del mistero e della meraviglia (nonché dell’orrido, del mostruoso e del terrificante) nel lettore. Inoltre questo fenomeno ci regala nella sua atmosfera ovattata, qualcosa di più dolce, intimo e quasi distaccato dal mondo. La nebbia ha una dualità molto importante. L’elemento fisico stesso scaturisce nelle persone una diversa visione. Se la vediamo in un fenomeno prettamente atmosferico e scientifico, parliamo di goccioline ghiacciate sospese nell’aria. Se la vediamo come una persona che se la trova davanti mentre sta guidando, la cosa cambia in negativo.Perché ho scritto questo concetto? Perché è questo che fa l’albo: mostra anche la parte di “paura” di riccio, che nonostante il coraggio ha comunque un sentimento di smarrimento e paura, che possiamo percepire dalle illustrazioni.
LA SIMBOLOGIA DEL RICCIO NELLA NEBBIA
Mi piace che quasi sempre gli scrittori, siano un po’ come Dante. Cioè che i personaggi e i luoghi siano una sorta di allegoria di ciò che hanno dentro e che questo dentro corrisponda a quello di qualcun altro.
Il riccio
Il riccio. nonché il protagonista, è probabilmente il personaggio più semplice da sondare a livello simbolico. Rappresenta semplicemente l’uomo, o il bambino, che si approccia alla vita attraverso un viaggio. La vita stessa è un viaggio, dove un giorno vedi e il giorno dopo ti pare di non vederci più poi così bene. Questo perché La vita presenta degli ostacoli inattesi, arrovellandoci nelle sue spine come in una ricerca psicologica. Le spine possono anche rappresentare la corazza del riccio che impediscono a chiunque di entrare. Le spine però possono difenderlo dal male ma non dalla nebbia. La nebbia si rivela essere qualcosa che riesce a toccare le sue spine e che palesemente può persino respirare. A riccio non resta che farla entrare e affrontarla.
Il bosco
Il bosco ha dall’alba dei tempi un valore simbolico fin troppo chiaro: nel Medioevo l’immagine del bosco rappresentava l’atavica paura dell’uomo di fronte al pericolo ed alla morte. Nella ‘selva oscura’ che rimandiamo al nostro Dante egli si perde e per uscirne dovrà compiere un viaggio rituale ed iniziatico attraverso i tre regni dell’aldilà: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Nelle fiabe il Bosco rappresenta per eccellenza il “perdersi” per poi ritrovarsi. In alcune fiabe, vedi Cenerentola e Biancaneve nel bosco trovano rifugio per salvarsi la vita. Anche qui il Bosco può essere osservato attraverso una dualità necessaria. Come qualcosa di cui aver paura, ma anche come rifugio.
Il cavallo bianco
Il cavallo è da sempre un simbolo di grande forza, coraggio e libertà. La sua corsa affascina ed emoziona. L’uomo fin dai tempi antichi ha imparato a farsi amico del cavallo, perché è un animale intelligente, dolce e vitale. In questo caso, nell’albo è rappresentato come un cavallo solitario e immerso nella nebbia ed Il suo colore si amalgama bene con la nebbia intorno. Il fatto che sia solo, ma che non sia spaventato, ci fa riflettere su come, soprattutto quando “fisicamente ed anagraficamente” si è piu grandi di età non si ricerca molto il contatto con le altre persone, ma una sorta di pace interna, che spesso, dal di fuori, viene vista come malinconica e triste. Ed invece no. Il cavallo, ci insegna che si può essere davvero in pace con sé stessi in solitudine, come se lui da quella nebbia, in qualche maniera sappia già che si può uscire e che può svanire da un momento all’altro, ma per ora, preferisce: “restare”.
Il colore bianco
Il colore bianco è uno degli elementi più rilevanti sia nell’albo che nel film: bianca e lattiginosa è la stessa nebbia (protagonista indiscussa), bianchi sono i lepidotteri che addirittura fanno luce, bianco è il cavallo di cui abbiamo parlato prima. Il colore bianco riassume tutto ciò che è positivo e negativo non solo in questa storia ma nella vita in generale, attribuiti a questo colore molto particolare. Il bianco risalta la bellezza, è un segno di gioia per molti popoli, è il colore della neve che fa tanta magia e incanto, il simbolo dell’innocenza della sposa. Ma il bianco è anche il colore dei cadaveri, il colore dei sudari di morte, il colore della balena bianca di Moby Dick che rappresenta tutte le paure dell’uomo. Inoltre non dimentichiamoci che il bianco non è un colore come gli altri ma è “il colore dei colori”, il colore che contiene tutti gli altri. È il risultato dell’unione di tutti gli altri, dello spettro visibile ai nostri occhi. Come una pagina bianca che si colora di esperienza.
Il contare le stelle insieme ad orso
Come possono ritrovarsi un orso e un riccio a guardare le stelle? Possono nella fantasia, ma anche nella vita vera. Pensiamoci, non sempre andiamo d’accordo con chi è uguale a noi. Spesso, ed è importante manifestiamo (grazie al cielo!) la voglia di andare oltre le differenze anche quelle più evidenti, ed è proprio qui che nascono le vere amicizie. Mi sono fatta una domanda durante la lettura dell’albo che è stata: ma perché Orso ha semplicemente aspettato Riccio senza andare a cercarlo? Il finale mi ha fatto capire molte cose, una fra tutte è che forse pure orso stava nella nebbia ed esattamente come Riccio magari non si poteva o non riusciva ad orientarsi. Un’altra ipotetica risposta invece è stata: “Forse l’autore ha voluto dare la possibilità ad un animale piccolo piccolo di farcela da solo.” Ed è un messaggio davvero molto bello da dare, non solo ai bambini ma anche ai grandi. Le stelle sono un simbolo molto antico ma anche tanto incerto, per taluni esso rappresentano e racchiudono il significato della vita (la stella ad otto raggi, per esempio è in relazione con la raffigurazione della ruota della vita) per altri invece, molto più “semplicemente”, le stelle confluiscono il loro essere il sacro ed il mistero: la contemplazione del cielo stellato è la promessa divina di qualcosa di miracoloso. Il cielo stellato, ha un significato anche nella cultura massonica riferendosi all’immensità dell’infinito. Pensate allora quanto una cosa piccola, come Riccio o come le stelle possano essere infinite.
Ecco per me il Riccio nella Nebbia, è stato un perdermi nell’infinito, con i suoi momenti negativi e positivi, dandomi la possibilità di fare luce, davvero con poco, su tutto ciò a cui non facciamo caso, soprattutto quando è davanti a noi, ed invece, con la nebbia, paradossalmente ci si sforza sempre un po’ di più di aprire gli occhi.